Evasione IVA e sequestro preventivo del profitto del reato

Lo studio si è recentemente occupato di una contestazione di emissioni di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (art. 8 d.lgs. 74/2000) volte a simulare cessioni intra UE di beni in regime di non imponibilità ai fini IVA.

Nel corso delle indagini preliminari, il Giudice ha disposto il sequestro preventivo di un’ingente somma, corrispondente al valore dell’IVA asseritamente evasa.

L’esecuzione del sequestro è stata eseguita nei confronti tanto della società che avrebbe emesso le fatture inesistenti quanto del legale rappresentante della stessa, coinvolgendo anche i suoi beni personali.

Ma quando è possibile che venga sequestrata una somma di denaro? E, soprattutto, nel caso di reati commessi da una società, quando può essere sequestrata una parte del patrimonio personale del legale rappresentante?

Il sequestro preventivo è una misura cautelare che può essere disposta dal Giudice già nel corso del procedimento e, quindi, in un momento in cui la penale responsabilità dell’imputato deve ancora essere accertata in via definitiva.

Si tratta di un vincolo patrimoniale che viene apposto nelle ipotesi in cui si ritenga che la libera disponibilità di una cosa pertinente il reato possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato stesso oppure quando possa agevolare la commissione di altro illecito.

Nel caso in cui venga contestata la commissione di un reato tributario in capo ad una società, il sequestro può comportare l’apposizione di un vincolo non solo al patrimonio sociale bensì anche al patrimonio personale del legale rappresentante.

Tuttavia, affinché ciò sia possibile occorre che il Giudice effettui una valutazione della situazione patrimoniale della persona giuridica e, solo laddove si dimostri la totale o parziale impossibilità di soddisfare il quantum oggetto di sequestro in capo alla società, potrà essere disposto il sequestro per equivalente di beni di proprietà del legale rappresentante.

Quale somma di denaro può essere sequestrata in caso di presunta commissione del reato di operazioni soggettivamente inesistenti?

Nell’ipotesi di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti il profitto del reato conseguito dal soggetto che ha emesso le fatture non è pari all’IVA “risparmiata” dal soggetto destinatario delle fatture, ma consiste nell’eventuale compenso illecito ricevuto per l’emissione delle fatture stesse, generalmente molto inferiore al profitto conseguito dal destinatario delle fatture.

Peraltro, la giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione impone che il profilo di illiceità sia provato, altrimenti il provvedimento di sequestro dovrà essere annullato.